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La tradizione viva

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Le città sono piene di corsi di Tai chi, Qi gong; ogni giorno riceviamo richieste di persone che pretendono di insegnare dopo qualche mese di pratica (ormai è tutto smart, veloce).

C’è una grande dispersione: si cercano risultati immediati, si vuole assaggiare tutto e non ci si da il tempo di entrare in profondità.

Attualmente spopolano le scuole di qi gong proprio perché gli esercizi sembrano semplici, di facile acquisizione, insomma non ci si deve impegnare troppo.

Ci vuole pazienza e passione, dice il G.M° Chu, per imparare il Tai Chi, mettersi in gioco e lavorare su se stessi.

Insegnare aiuta ad imparare, ma è importante mantenere il doppio ruolo, la mente del principiante (YinYang).

Molte persone arrivano ai nostri corsi sospettose, pensando di sapere cosa sia il tai chi, reputandolo rilassante nel migliore dei casi e noioso in molti altri. Come un medico omeopatico incompetente fa perdere fiducia a tutta la categoria, mentre 100 allopatici fanno danni ma la “medicina” resta scientifica ed affidabile per l’opinione pubblica.

Controllate “il curriculum” di chi insegna, verificate che ci sia una scuola di riferimento, guardate se c’è energia, vitalità.

Come un ramo staccato dalla pianta madre a volte può attecchire, ma spesso si inselvatichisce, ecco che si inventano forme nuove, di sintesi, che nutrono l’ego smisurato dei loro creatori.

Noi abbiamo una tradizione che è viva insieme a noi.
Sentiamone il sostegno, la libertà di galleggiare in un fiume che viene da lontano (per citare il M° Lopez).

 Rosanna e Chiara

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Il doppio peso e gli ignavi

E io ch’avea d’error la testa cinta,
dissi: “Maestro, che è quel ch’i’ odo?
e che gent’è che par nel duol sì vinta?”.

Ed elli a me: “Questo misero modo
tegnon l’anime triste di coloro
che visser sanza ‘nfamia e sanza lodo.

Mischiate sono a quel cattivo coro
de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.

Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli”.

Inferno: Canto III

 

Il doppio peso e gli ignavi

Uno dei grandi “segreti” del Tai chi chuan è la consapevolezza di pieno vuoto. La percezione del peso. Per consentire un profondo lavoro energetico e l’apertura del diaframma in maniera ottimale il peso è sempre su un piede solo. L’asse è uno, il diaframma si apre, l’energia si apre. Apparentemente il peso ben distribuito sui due piedi dà stabilità e sicurezza, il risultato è che ci troviamo in una condizione di staticità energetica e mentale. Il Maestro Chu direbbe essere parcheggiati o avere i piedi su due barche che potrebbero allontanarsi tra loro e farci scivolare in mare.

Già Yang Cheng Fu parlò dell’errore del doppio peso affermando che se il peso è da un solo lato si sarà in grado di seguire, mentre con il doppio peso si sarà goffi.

Come per far girare le ruote della bicicletta e creare così il movimento e quindi l’energia, un piede spinge ed uno segue, così nel Tai chi un piede si riempie e uno si svuota. Se spingessimo contemporaneamente su entrambi i pedali non ci sarebbe movimento, non ci sarebbe energia e non ci sarebbe equilibrio dinamico.

L’errore del doppio peso è mentale, energetico e fisico. Come per far funzionare una melodia abbiamo bisogno di singole note, così per essere allineati e aperti in noi stessi abbiamo bisogno del singolo peso, ora un piede ora l’altro, senza fissità ma con posizioni nette, precise. La postura mentale e fisica corretta non lascia spazio a confusione, ma lascia spazio alla modificazione continua. Siamo consapevoli del movimento ci permettiamo di seguirlo.

L’errore del doppio peso mi fa venire in mente il girone degli ignavi, di chi non sceglie da che parte stare e si trova bloccato, senza yin e yang, senza infamia e senza lode. Qualcuno questo lo chiama il silenzio degli onesti: a buon intenditor…